Pubblicato su politicadomani Num 91 - Maggio 2009

Fra storia e leggenda
Palazzo Donn'Anna

Nato da un progetto grandioso, l'edificio ora in rovina, che si erge imponente sul mare a Posillipo, è intriso di storia, leggenda e mistero

di Ciro La Rosa

"Perchè palazzo Donn'Anna non era soltanto un palazzo, era un mondo, talmente vasto che non si finiva mai di esplorarlo e di scoprire angoli nascosti, scale misteriose, e grotte oscure, pozze d'acque morte e perfino trabocchetti dove la regina Giovanna della leggenda faceva precipitare i marinai… Sembra fatto di sughero, lo stesso con cui si fanno i presepi. La pietra di tufo con cui è costruito, corrosa dal mare, dal vento e dal salmastro, le grotte, le nicchie, le finestre e i grandi archi della facciata aperti sul golfo danno a questa grande dimora seicentesca ora l'aspetto di romantica rovina, ora di cosa naturale scoglio, rupe o promontorio…".
Questa narrazione su Palazzo Donn'Anna è di Raffaele La Capria che qui ha trascorso la sua infanzia e la prima giovinezza. Un edificio intriso di storia, di leggenda e di mistero, illustrati con i suoi acquerelli da Giovanni Ellero (1871-1958).
Palazzo Donn'Anna sembra sorgere dalla roccia marina di Posillipo. Ha fama di essere stato il luogo delle presunte "prestazioni" orgiastiche della regina Giovanna; una diceria del tutto priva di fondamento perchè ambedue le regine Giovanna erano già morte da tempo al momento della sua edificazione. Costruito sul finire del XV secolo su un preesistente edificio detto "La Serena" , di proprietà di Dragonetto Bonifacio, nominato marchese dall'imperatore Carlo, passò nel 1571 ai Ravaschieri, i quali lo vendettero poi per 800 ducati al principe Luigi Carafa di Stigliano, nonno della famosa Donn'Anna Carafa, da cui il palazzo ha preso il nome, considerata all'epoca "la prima dote d'Europa" per le sue ricchezze.
Figlia di Luigi ed Elena Aldobrandini, splendida e superba, la donna non fu mai amata dal popolo: si riversava su di lei anche il risentimento contro il marito, Filippo Ramiro de Guzman, duca di Medina, che lasciò un cattivo ricordo della sua amministrazione, dal 1637 al 1644. Il duca tornò in patria il 7 maggio 1644 con la nomina a vicerè della Pastiglia, ma lei, Donn'Anna non seguì il marito, si ritirò nel suo palazzo in Portici dove morì in solitudine pochi mesi dopo, il 24 ottobre 1645.
Il palazzo Donn'Anna venne ricostruito ex novo nel 1642 dall'architetto Cosimo Fanzago. Il progetto era grandioso: oltrepassato un portone aperto sul mare, attraverso un passaggio coperto si arrivava con le barche ad una scala che portava all'interno del palazzo. Le carrozze, invece, entravano dalla strada direttamente in un cortile che corrispondeva al secondo piano del palazzo e che avrebbe dovuto essere ornato di statue. Il palazzo fu saccheggiato durante i moti della rivolta di Masaniello del 1647. Passò poi di proprietà a Nicola Guzman che lo fece restaurare ed innalzare di tre piani. Nel 1688 fu danneggiato da un terremoto in cui trovò la morte anche il Guzman. Quest'ultimo evento alimentò ancora di più la fama sinistra dell'edificio che fu lasciato diroccato. "Le mareggiate cancellarono gli affreschi del salone, portarono sabbia nei cortili, conchiglie ed alghe ricoprirono i gradini che portavano al mare" (da Partenope Magica di C. B. Manacorda, Edizione L'Isola dei Ragazzi). Durante il regno di Ferdinando IV di Borbone, per allargare la strada di Posillipo fu parzialmente distrutta una delle sue alai. Nel 1824 divenne una fabbrica di cristalli. In seguito fu acquistato dalla Banca d'Italia, dai Capece Minutolo e poi dai Colonna di Paliano. Attualmente è frazionato in vari proprietari.
Il palazzo non ha mai perso il suo fascino: il suo essere incompiuto, la corrosione del vento marino che ne ha plasmato l'aspetto lo rendono suggestivo e ricco di mistero.
Matilde Serao scrive così, evocando le memorie, le storie e le leggende legate al palazzo: "Quei fantasmi sono quelli degli amanti? O divini, divini fantasmi! Perchè non possiamo anche noi, come voi, spasimare d'amore, anche dopo la morte?" (da Matilde Serao, "Leggende Napoletane", collana Libri Ritrovati, Edizione G R).
La storia è cruda e violenta: la viceregina Donn'Anna usava dare nel suo palazzo feste degne di una corte reale. In una di queste si scatenò la sua mortale gelosia contro la nipote, donna Mercedes de las Torres, acquisita da parte maritale, donna di grande bellezza mora. In una rappresentazione in cui gli attori erano gli stessi nobili, la giovane sosteneva la parte di una schiava innamorata del suo padrone che moriva per salvarlo. Impersonava il padrone Gaetano di Casapesenna, amante delle duchessa. L'ultima scena fu così veritiera che quando il cavaliere baciò la sfortunata in amore, lo fece con tale trasporto che tutti applaudirono calorosamente, fuorché la duchessa che impallidì dal livore. Nei giorni successivi le due dame si affrontarono violentemente, finché un giorno non si sentì più parlare della giovane nipote. La sua scomparsa fu giustificata dalla improvvisa vocazione della giovane e dal suo ritiro in convento. Ma pochi vi credettero. Gaetano di Casapesenna, dopo averla cercata inutilmente per mari e monti, morì in battaglia. La leggenda vuole che nel palazzo appaia ogni tanto il fantasma di donn'Anna e quelli degli sfortunati Mercedes e Gaetano che continuano a cercarsi per l'eternità.

 

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Num 91 Maggio 2009 | politicadomani.it